E’ la vigilia di natale, e finalmente qui si e’ vista la neve. Poca ma abbastanza per dare quell tocco di bianco da farci sentire un poco di piu lo spirito natalizio.
Come al solito per me non ha molto senso tutto questo, anzi me sento defraudato di una arte essenziale del mio io , nel dovere assecondare questa porcheria.
Ma forse perche non lo capisco, non capisco come si possa passare dal significato profondo, universale della festa del sole, a questa gozzoviglia di regali e cibo. Non ci arrivo.
Comunque cerchero anche questo anno di non essere troppo ostile. Probabilmente mi riuscira’ anche piu facile, dato che sono cosi’ stanco, sfiancato che non ho voglia di fare guerre per nulla.
Guardo da lontano il mio paese andare in pezzi. Parlo con gli amici lasciati indietro, o con i pochi affetti ancora rimasti.
Sono li incastrati mentre un balletto di sciacalli si divide le povere rimanenze di un grande paese e popolo. Sono triste porfondamente triste, vorrei fare qualcosa ma nulla sembra essere abbastanza, non e’ servito lottare, non e’ servito parlare o scrivere. Mollare mai, ma si sono stanco.
Vedo da lontano un matale avvicinarsi, mentre il mondo va a passo di carica verso la sua ennesima asurda Guerra.
Vedo la mia terra, vedo la mia europa la mia campagna vicina al baratro. Non posso fare nulla se non aspettare, sopravvivere cercare di fare sopravvivere dei concetti, degli ideali, nella speranza di fare rifiorire il seme dopo la fine.
Sono triste, mi sono sempre ritenuto un cittadino globale, non ho mai pensanto o ritenuto che la mia anima fosse legata ad un posto specifico, ad un paese o casa.
Ma ora che sono qui, distante, or ache vedo la mia terra barcollare, or ache posso rivedere il verde dei miei prati solo con il ricordo; solo ora mi rendo conto quanto sia importante che alcune parti di noi, e del nostro passato siano al sicuro.
Ora che vedo da una certa distanza, mi sale l’ansia, il timore che tutto cio che ho amato scompaia per la cecita’ di qualche sciacallo.
Radici? Si forse si ma non sono quello che mi aspettavo, radici sono quel pomeriggio a venti anni da solo sulla spiaggia in una giornata di novembre.
Sono quella mattina che sono scappato dall’ennesimo letto prima che sorgesse il sole.
Sono il rivedere la geleteria dove ci fermavamo sempre tutti insieme a farci una sigaretta ed un cono.
Radici sono gli amici morti tempo fa e quelli che ancora annaspano per cercare di sopravvivere.
Radici e’ il timore che tutto questo venga sconvolto, che la rabbia, la follia spazi via quella piccola luce, quella piccola grande conquista di essere persone, libere e capaci di giudizio e scelte.
Non posso fare a meno di sentire un profondo dolore, non per aver lasciato dietro di me le “cose”, ma perche vedo ogni giorno di piu’ la fine avvicinarsi per lo spirito, le vite, le parole e le idee di tutto cio che ho amato.
Vedo fumo, rovine e sangue, dove prima c’era splendore arte e vita.
Mi sveglio a volte nella notte dopo avere avuto l’ennesimo incubo, e mi viene da gridare, “scappate…; andate via… ora o mai piu scappate. Torneremo, ricostruiremo, ma ora scappate”.
Mi viene da pensare a quell passo nel quale, “coloro che non avevano nulla se non il poco che serviva davvero, provavano meraviglia e dolore, nell’osservare noi occidentali ricchi, perche prigionieri delle nostre stesse cose”.
Forse sbaglio, forse non dovrei vederla in questo modo, ma natale e’ una occasione persa. L’occasione di dire NO, basta imbrogli, basta illusioni. Forse basterebbe ancora poco, forse sbaglio ma forse basterebbe mollare il superfluo, avere il coraggio di andare all’essenziale, recidendo le catene., interrompendo la schiavitu’ una volta per tutte.
Facile a dirsi, molto meno a farlo, sto divagando, e mi sto perdendo dentro me stesso ed I miei pensieri.
Mi sembra cosi ironico il tutto. La vita ci prende per il culo quasi sempre, e vedere il natale avanzare mentre dall’altro lato vedo il buio, bhe si, lo trovo molto ironico e triste.